Definire che cosa sia deviante nella sfera della sessualità implica stabilire una chiara definizione di comportamento non deviante, “normale”. Anche per questo le parafilile sono intrise di toni moralistici più di ogni altro disagio psichico. La definizione di attività sessuale ha subito notevoli evoluzioni riflettendo passo passo i cambiamenti culturali della società.
Freud, vivendo nel contesto di una cultura che considerava la normalità sessuale in termini relativamente ristretti, definì l’attività sessuale come perversa quando è focalizzata su regioni del corpo non genitali, quando soppianta e sostituisce completamente i rapporti sessuali genitali con il partner dell’altro sesso, quando tende ad essere la pratica sessuale esclusiva dell’individuo.
Ad oggi, la nostra società occidentale, che vorrebbe profondere energie nel goffo tentativo di non esser giudicante, ha un concetto di normalità sessuale differente. La psichiatria ha in parte sostituito i termini perversione e deviazione con il termine parafilia, con l’intento di sottolineare l’approccio scientifico all’oggetto di studio e allontanare lo sguardo moralistico.
L’American Psychiatric Association ha definito le parafilie nel DSM-IV, restringendo il termine alle situazioni in cui vengono usati oggetti non umani, vengono inflitti a sé o al proprio partner dolore o umiliazione, vengono coinvolti bambini o adulti non consenzienti.
Nelle forme lievi il paziente è turbato dalle proprie spinte parafiliache, ma non le mette in atto; nelle forme di moderata entità, il paziente traduce l’impulso in azione solo occasionalmente; nelle forme più gravi il paziente mette in atto le condotte parafiliache ripetutamente, anche in modo compulsivo.
La condotta parafiliaca è esclusiva, cioè è l’unica in grado di provocare eccitazione. Molti comportamenti che caratterizzano le parafilie possono far parte di abituali rapporti “sani”, ma, nel caso di parafilia, il paziente può eccitarsi esclusivamente praticando l’attività sessuale tipica della propria perversione.
Le parafilie sono classificate in base alla pratica che sostituisce il coito o in base all’oggetto verso cui si indirizzano. Ad esempio nell’esibizionismo, l’atto di mostrare i propri genitali a un’altra persona procura eccitazione e piacere, sostituendo il coito. Invece, quando si parla di parafilia con spostamento dell’oggetto del desiderio sessuale, il paziente rivolge le proprie attenzioni a un oggetto, a un bambino, a un anziano, anziché a un partner consenziente.
Le parafilie più comuni sono:
- Esibizionismo: il paziente si eccita, nella fantasia o nel comportamento, esibendo i propri genitali ad una persona quando non se lo aspetta.
- Feticismo: il paziente si eccita utilizzando oggetti inanimati. E’ comune che si tratti di scarpe da donna o biancheria intima.
- Frotteurismo: il frotteur si eccita strofinandosi contro un’altra persona che non è consenziente.
- Pedofilia: il pedofilo si eccita, sia nella fantasia che nel comportamento, con attività sessuali con bambini. Secondo le attuali classificazioni psichiatriche, la persona che mette in atto questo comportamento deve avere almeno sedici anni ed essere maggiore del bambino di almeno cinque anni.
- Masochismo sessuale: il masochista si eccita facendosi umiliare o picchiare dal partner.
- Sadismo sessuale: il sadico si eccita infliggendo sofferenza psicologica o fisica al partner.
- Feticismo da travestimento: un individuo eterosessuale si eccita indossando abiti dell’altro sesso.
- Voyeurismo: il voyeur si eccita osservando, senza esser visto, persone nude o che sono impegnate in attività sessuali.
La psicoterapia delle parafilie comporta molte difficoltà dovute alla complessità del disturbo e al fatto che molti pazienti hanno scarsa motivazione, spesso sono spinti in terapia dal partner, dai familiari o, in alcuni paesi, dalla legge.
Tendenzialmente i pazienti sono poco collaborativi, in modo analogo ai pazienti tossicodipendenti. Proprio per questo, il trattamento più usato è quello multimodale, ovvero un insieme di interventi specifici, tra cui quello di prevenzione della ricaduta.
Dunque, la necessaria psicoterapia spesso si affianca a interventi di tipo educativo, di ristrutturazione cognitiva, di relapse prevention.
A seconda dell’orientamento terapeutico possono essere valorizzate le strategie di individuazione degli antecedenti dei lapse e le strategie di coping per i lapse.
La distinzione concettuale tra lapse e relapse consiste nel fatto che il lapse (scivolone) è un occasionale episodio in cui il paziente cede alla tentazione, mentre nel relapse il cedimento è reiterato in tempi ravvicinati. Ad esempio, è considerato un lapse la bevuta occasionale per il paziente alcolista, che non necessariamente condurrà a un relapse, ovvero a una ricaduta vera e propria.
La terapia mira a rafforzare la self-efficacy, che è la fiducia che il paziente ha nelle proprie capacità di affrontare il problema specifico.
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