La fobia è un timore irrazionale nei confronti di oggetti e/o situazioni che, secondo il buon senso, non dovrebbero provocare timore; ovvero si distingue dalla semplice paura, che scompare quando un’adeguata verifica della realtà ci rassicura di non essere in pericolo.
Il paziente fobico è consapevole dell’irrazionalità dei propri timori, che tuttavia rimangono invincibili.
La fobia, essendo un disturbo d’ansia, è spesso associata ad attacchi di panico, che possono essere provocati dall’esposizione allo stimolo della fobia.
Alcune delle fobie più comuni sono:
- l’agorafobia (paura degli spazi aperti);
- la fobia sociale;
- l’aracnofobia (paura dei ragni);
- l’astrafobia (paura dei tuoni e fulmini);
- la claustrofobia (paura degli spazi chiusi);
- l’emetofobia (paura del vomito);
- la fallofobia (paura del pene);
- l’ipocondria (paura delle malattie);
- la musofobia (paura dei topi);
- la nictofobia (paura del buio).
In un’ottica psicodinamica le fobie sono cariche di significati simbolici, nel senso che gli oggetti e le situazioni temute rinviano, in modo più o meno deformato, a un impulso inconscio. La patologia del soggetto fobico si manifesta con la paura di agire e reagire, con una situazione psicologica di insicurezza e con l’immobilismo.
I meccanismi difensivi che si attivano nelle fobie sono tre: spostamento, proiezione ed evitamento.
L’ansia viene spostata dalla situazione fonte originaria di disagio (inconscio) su un insignificante e apparentemente futile derivato di tale situazione; l’ansia viene proiettata all’esterno, su un oggetto o una situazione ambientale, in modo che la minaccia sia concreta (anziché provenire dall’interno); viene evitato accuratamente il contatto con la fonte artificiosa di ansia.
In alcuni casi, il paziente non è in grado di immaginare la situazione o l’oggetto della fobia e, talvolta, non è persino capace (o teme) di nominare la propria fobia. A seconda dell’intensità della fobia, l’ansia del soggetto viene attivata dalla presenza dell’oggetto, da tracce che ne anticipano la presenza, o addirittura solamente da simboli che ne evocano la rappresentazione mentale.
Per cui, per un soggetto che soffre di musofobia, l’ansia si può attivare con gradi di esposizione allo stimolo anche minimi: alla visione del topo, di fronte alle tracce della presenza di topi, vedendo la fotografia di un topo, vedendo il disegno di un topo, o persino vedendo il disegno stilizzato di un topo. Infine, la fobia può arrivare ad attivare l’ansia anche semplicemente richiamando alla mente, per suggestione della memoria o della fantasia, l’oggetto o la situazione temuta.
Nel trattamento della fobia è importante capire quale simbolismo si nasconde dietro la paura stessa, e non soffermarsi all’eliminazione del sintomo. E’ molto più importante la causa del nostro disagio, piuttosto che il disagio stesso.
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